Arriva la fine dell’anno e arriva il momento di stilare i primi bilanci: l'export del comparto vinicolo itliano vicino ai 5,5 miliardi di euro.
Per quanto riguarda i numeri relativi al settore vino, è definitivamente confermata l’ottima annata 2015.
Secondo i dati Istat son stati prodotti 47,6 milioni di ettolitri, con un incremento del 20% sul 2014 e del 9% sulla media storica di 43,6 milioni di ettolitri. La produzione di vini Doc è passata a 18,8 milioni di ettolitri, +15% sul 2014 e +20% sul dato storico di 15,7 milioni di ettolitri, con i rossi e bianchi, rispettivamente a 8,2 e 10,6 milioni di ettolitri (qui giocano un ruolo decisivo Prosecco e Asti a supporto dei volumi dei Doc bianchi) nel 2015. I vini Igt hanno sfiorato 15 milioni di ettolitri, +11% sia sul 2014 che sulla media storica di 13,3 milioni.
Anche questo 2016, nel suo complesso, conferma la salute del comparto vitivinicolo, capace di rappresentare un’eccezione importante nel panorama generale dell’economia nazionale
Le esportazioni sui primi 8/9 mesi hanno ripreso e, sull’anno, il ritmo di crescita si attesta tra il 3 e il 3,5%, il che significherebbe chiudere il 2016 con un valore export sui 5,5 miliardi di euro.
Dal punto di vista dei volumi, non ci sono molte deviazioni: 13 milioni di ettolitri esportati da inizio anno, 20,2 milioni negli ultimi 12 mesi.
Non si vedono quindi segni di indebolimento dell’esportazione, soprattutto grazie agli spumanti che restano il fattore chiave della crescita italiana: +34% in settembre, +25% nei primi 9 mesi e +24% negli ultimi 12 mesi. Sono ormai il 21% delle nostre esportazioni e promettono di diventare ancora più importanti ora che arrivano le festività.
L’Europa è sempre chiave per l’Italia e l’Asia resta marginale.
Rimangono sempre le due grandi incognite Brexit e Trump che potrebbero costituire le principali criticità per il 2017.
Per ora non si vedono impatti particolari da “Brexit” sugli spumanti, ma staremo a vedere.
L’elezione di Donald Trump con le sue politiche protezionistiche a favore dei prodotti americani (che potrebbero tradursi in dazi e altri ostacoli per i prodotti d’importazione) potrebbero portare problemi per il nostro export; un bel pensiero dal momento che in USA viene mandato un miliardo di euro in prodotti agroalimentari.
Le cantine italiane, nella maggior parte dei casi, hanno “diversificato” le proprie vendite su un portafoglio di mercati, spesso molto ampio, andando a frazionare (leggermente) eventuali rischi.
Ci sono mercati nei quali le aziende si spendono con maggior vigore per situazioni contingenti e altri perché garantiscono visibilità, altri ancora perché potenzialmente in crescita futura. Molte realtà hanno concentrato sforzi e investimenti sul mercato europeo, scegliendo come mercati esteri soprattutto Germania, Svizzera e Gran Bretagna, Paesi del Nord Europa, specialmente in Svezia, senza trascurare il mercato italiano e il mercato americano (Canada principalmente).