Con Italian Sounding si definisce un nome di un prodotto alimentare riconducibile alla tradizione agroalimentare italiana; un caso tipico è quello del “Parmesao”, il cui nome evoca immediatamente il “parmigiano” ma che invece è un formaggio che gli assomiglia per forma e sapore ma la cui origine non è quella del parmigiano originale.
Insomma, produttori e distributori utilizzano semplicemente un nome che “suona italiano” per tentare il consumatore, perlopiù straniero, all’acquisto di un prodotto che evoca le bontà gastronomiche italiane, ma che di fatto cela una vera e propria frode alimentare.
Si tratta, quindi, di un fenomeno che nella valutazione dei danni causati da vendita non conforme alle leggi vigenti, ha certamente un suo peso e che richiede un monitoraggio serio e puntale.
Dall’agropirateria all’Italian sounding, ogni anno frodi e contraffazioni nel settore alimentare sottraggono 60 miliardi di euro al vero “made in Italy”.
I numeri parlano chiaro e sono ufficiali (Fonte Censis 2012):
- 6,9 miliardi di fatturato del mercato del falso in Italia
- 110 mila posti di lavoro “rubati”
- 13,7 miliardi di mancato valore aggiunto della produzione
- 1,7 miliardi di mancato gettito erario
Se poi si parla di contraffazione alimentare, tornano i numeri a due cifre: 60 miliardi di euro di danno riconosciuto per 6 contraffazioni e 54 prodotti dall’italian sounding (stime ICE e Federalimentari).
Il made in italy, inteso come patrimonio materiale e immateriale, unico e distintivo del nostro Paese rappresenta la vera leva per ritornare a competere nel mondo.
Il punto sulle attività è stato fatto da Afidop, l’associazione che raggruppa i consorzi di tutela dei formaggi italiani.
«La contraffazione non mette direttamente a rischio i consumatori italiani. Ma manca la stessa sensibilità in Europa e spesso non c’è nel resto del mondo – ha spiegato Stefano Vaccari, capo dell’ispettorato centrale per la repressione delle frodi alimentari –. Su 35.523 controlli effettuati l’anno scorso in Italia su 58.200 prodotti, sono risultati irregolari il 15% degli operatori e il 9% dei prodotti».
Piccoli numeri. E se in Italia i principali problemi riguardano le etichettature (per una normativa italiana molto complessa in materia), non è cosi in Europa e nel mondo dove regna sovrana la confusione regna sovrana.
La commissione Agricoltura del Parlamento europeo sta lavorando ad accordi bilaterali che riconoscano le specificità territoriali dei differenti paesi e nei giorno scorsi il ministro De Castro ha annunciato un pacchetto Ue per finanziare la promozione dei prodotti agroalimentari registrati: con 252 prodotti riconosciuti, di cui 155 Dop e 97 Igp, l’Italia è leader incontrastato, pari a 6,5 miliardi di euro alla produzione e quasi 12 miliardi di euro al consumo.