Il settore vinicolo italiano sta vivendo un momento assolutamente positivo.
Il 2015 è stato più che generoso per le imprese italiane e rischia di stabilire un nuovo record a valore dell’export rispetto al 2014, con stime che parlano di 5,4 miliardi di euro; a livello produttivo l’Italia ha sorpassato la Francia ed è diventata il primo produttore mondiale di vino con un quantitativo di produzione stimato a 48,9 milioni di ettolitri.
Ed ecco che arriva la tegola: l’avvio del processo di revisione delle norme che disciplinano l’etichettatura dei vini previste dal regolamento CE n. 607/2009, da parte delle competenti Istituzioni dell’Unione europea.
Nella fase di preparazione della proposta di modifica del regolamento la Direzione generale Agricoltura e Sviluppo Rurale della Commissione europea ha ipotizzato di liberalizzare l’uso nell’etichettatura di tutti i vini, compresi quelli senza indicazione geografica, di quei nomi di varietà che oggi sono riservati in virtù delle norme comunitarie vigenti.
“In pratica si tratta di consentire l’uso di denominazioni senza un riferimento geografico ma con solo il nome del vitigno, senza curarsi del fatto che la storia e la tradizione le abbiano legate ad un determinato territorio. “Il risultato – denuncia la Coldiretti – sarebbe una pericolosa banalizzazione di alcune tra le più note denominazioni nazionali che si sono affermate sui mercati nazionale ed estero grazie al lavoro dei viticoltori italiani”.
Tradotto in soldoni, sono a rischio circa 3 miliardi di euro il valore dei vini Made in Italy identificati da denominazioni che rischiano ora di essere di essere portate via all’Italia.
Nomi come Aglianico, Barbera, Brachetto, Cortese, Fiano, Lambrusco, Greco, Nebbiolo, Picolit, Primitivo, Rossese, Sangiovese, Teroldego, Verdicchio, Negroamaro Falanghina, Vermentino o Vernaccia, solo per fare alcuni esempi.
Secondo Coldiretti la produzione Made in Italy è destinata per oltre il 45 per cento ai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), quasi il 30 per cento ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante a vini da tavola.