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I consigli di Alexandre Ravays

Alexandre Ravays, The Vine(Belgio)


Qual è il potenziale del vino italiano nel suo mercato?

Anno dopo anno vedo sempre più persone richiedere i vini italiani. In passato molti ristoranti utilizzavano vini italiani economici, basti pensare al fiasco di Chianti in ebollizione per mesi sotto i raggi ultravioletti in un piccolo ristorante italiano. Quei vini appena assaggiati erano come aceto, o peggio. Adesso, sempre più ristoranti impiegano del tempo ad assaggiare e sono in grado di offrire dei vini italiani di maggiore qualità. Anche in piccoli gourmet ed enoteche si possono trovare dei buoni vini italiani.
C’è ancora molto lavoro da fare, poichè diverse regioni continuano a fare il solito business. Ed ecco che invece arrivo io, voglio esplorare nuove cose e dare ai miei consumatori la possibilità di scoprire i veri vini italiani. Non solo i marchi.
Quando ho iniziato nel settore del vino ho voluto offrire vini da tutto il mondo, in modo da diversificare il più possibile. Dopo una dozzina di viaggi in Italia ho scoperto che posso avere un’offerta diversificata solo con i vini italiani. Lo vedo anche dalle mie vendite, sempre di più i consumatori, specialmente i ristoranti, richiedono vini italiani di grande qualità, che si adattano perfettamente con la loro cucina. Nell’arco di 5 anni siamo passati da un 15% ad un 80% di vini italiani. Le vendite sono superiori al 70% per i vini italiani.

Potrebbe dirmi quali sono i nuovi vini popolari nel suo mercato?

È difficile da dire. La popolazione del Belgio è molto diversificata. Ai consumatori piace bere vini differenti e le tendenze sembrano differire molto spesso. Sono felice di vedere che molti ristoranti danno una seconda possibilità ad alcune regioni per le quali molti clienti hanno perso interesse, come Languedoc e il Riesling della Germania. Vedo un grande disinteresse per i vini di Bordeaux anno dopo anno ma c’è ancora un grande mercato per loro. Le vendite di Cava sono ancora stabili ma l’interesse per lo Spumante aumenta ogni anno. In questo momento vendo molto Soave, Montefalco e i vini di Montecucco. C’è anche una maggiore richiesta di vini naturali o perlomeno decisi e l’Italia è un paese perfetto per trovare quei tesori nascosti, ma come in ogni regione,si possono trovare anche molti vini imbevibili.
Il Piemonte è ora completamente sotto il radar dei consumatori del Belgio. Ci sono facili collegamenti aerei e sole dodici ore di guida dal Belgio. C’è però ancora molto lavoro da fare poichè i visitatori conoscono solamente le vedute mozzafiato e i grandi vini come il Barolo, Barbaresco, Barbera d’Alba, – Asti e il Moscato d’Asti. Niente sui Barbera Tortonesi, Timorasso, Gavi, Ruché, Grignolino, Gattinara…
C’è troppo vino per soddisfare tutti.

Qual’è il principale canale di vendita nel suo paese?

I supermercati vendono ancora oltre il 90% dei vini in Belgio. È una gara dura, ma il nostro business è differente. Non vendo solo vini, do consigli anche sull’abbinamento con il cibo e cerco di trovare nuove e originali soluzioni. Questo è qualcosa che nessun supermercato può offrire. La mia ricerca di vini originali è qualcosa che non si può trovare nell’assortimento di un supermercato dove invece si possono trovare solo vini standard.

Come crede che i produttori italiani potrebbero migliorare la percezione del vino italiano nel suo mercato?

Per iniziare? Dovrebbero essere più orgogliosi dei loro prodotti invece di parlare solo della storia. L’ultima volta che sono stato in Italia scherzavamo proprio su questo con alcuni importatori. Noi conosciamo solo quello che l’80% delle aziende vinicole diranno. Esse vogliono essere differenti ma raccontano tutte la stessa storia.“Siamo un’azienda di famiglia, che si tramanda da generazioni, è una cantina storica, cerchiamo di lavorare nel totale rispetto della natura…
Ogni volta devo ascoltare la stessa storia. Essi dovrebbero parlare di più dei loro vini, della filosofia e della storia della regione, che sono cose interessanti da sapere. Una bella storia vende meglio.
Le cantine dovrebbero smettere di lavorare anche con le agenzie che non conoscono nulla sui vini, esse vogliono soltanto fare soldi attraverso un settore fiorente ma sono troppo pigre per capire cosa stanno vendendo. I proprietari dovrebbero viaggiare di più, è impegnativo, lo so. C’è molto lavoro in vigna e in cantina, ma il mio cliente compra più vini dai produttori che ha incontrato.

Cosa pensa della classificazione dei vini nelle principali guide? Può aiutare a vendere il vino?

La prima cosa che faccio quando incontro un “contadino del vino” (uso questo termine perchè la parola produttore di vino dà un’impressione sbagliata) è guardare le sue mani. Non ho bisogno di medaglie, riconoscimenti e punteggi. Il mio pallet è il mio giudice. I miei clienti mi seguono per i miei gusti, non per le aziende che ho con medaglie d’oro.
Credo che nei supermercati è diverso. Se un consumatore cerca un vino, per esempio un Chianti e vede cinque vini nello scaffale ed uno di questi ha una medaglia d’oro, allora prenderà quello. Ma a me non interessa. A volte naturalmente però la uso per fare le vendite decisive.
Quando vedo come molti vini ottengono una medaglia… non capisco il motivo per cui una classificazione esista ancora. Sarebbe meglio avere diverse categorie e dare la medaglia d’oro alla migliore di ognuna di esse. Proprio come alle Olimpiadi. Com’è ora non ha senso. Per quanto riguarda le guide…non lo so… Il fatto è che sento un sacco di storie di corruzione che mi fanno dubitare dei risultati di alcune aziende vinicole.

Cosa ci può dire riguardo alla conoscenza del vino da parte dei consumatori nel suo mercato? Qual’è il trend?

Sono veramente fiero che molti dei miei clienti conoscano qualcosa sul vino e se non la conoscono sono sempre disponibili ad ascoltare e imparare. Per me la cosa più importante è che essi ascoltano il proprio pallet e non il discorso di vendita.
Molti consumatori seguono corsi sul vino e cercano di comprendere meglio i vini. Ma il sistema di istruzione di questi corsi è troppo tradizionale e vecchio stile.
Il primo anno si imparano cose sulla degustazione, sui terreni e sullla vinificazione, il secondo anno è interamente dedicato alla Francia… il terzo al resto del mondo (inclusa l’Italia), in alcuni corsi si può segire un quarto anno sul vino e il suo abbinamento con il cibo.
In alcune scuole ci sono nozioni sui vini italiani al secondo anno, ma in senso molto generale, mentre nel caso della Francia si imparano tutte le sue regioni.
Quindi il trend è ancora la Francia, poichè il meccanismo di formazione ci dice questo. Quando ero insegnante avevo due giorni, massimo 3 per spiegare ai miei studenti tutti i vini italiani. Una lezione sulle Marche, una sull’Emilia Romagna, una sull’Umbria, una sulla Toscana e così via. Difficile da immaginare ma questo sistema d’istruzione è così ritardato! Vengono dedicate 2-3 lezioni su Bordeaux, mentre la Toscana produce più vini ed è un pò più complicata rispetto a Bordeaux.
Posso essere veramente fiero dei consumatori del Belgio. Sono molto diligenti. Certo è che molti di loro non conoscono molto sul vino ma credo che siamo ben sopra la media.

Quali sono i principali errori dei produttori italiani?

Molti di loro non parlano nessun’altra lingua a parte l’italiano. Alcuni di loro dovrebbero essere più umili e avere una mentalità meno commerciale. Dovrebbero vantarsi meno delle loro medaglie e di quanto è grande la loro cantina.
Ma il problema maggiore è la pigrizia. Mi dispiace ma dovete ammetterlo. Ci sono alcune eccezioni, ma diverse aziende vinicole sono a volte troppo pigre per rispondere a telefonate o rispondere alle emails. La Dolce Vita è bella, ma soprattutto in Belgio abbiamo bisogno di anticipare le cose più velocemente. Sono davvero molto fortunato che le aziende vinicole con cui lavoro sono molto professionali.

Ha qualche consiglio per i nuovi produttori che intendono introdurre i propri vini nel suo mercato?

Fare un listino prezzi decente e con una buona gerarchia. Non c’è niente di più fastidioso per me che chiedere sconti. Mi fa sentire come se il mio fornitore mi volesse fregare fin dall’inizio.
Fare un listino prezzi per i privati, uno per le enoteche/ristoranti e un altro per l’export.
Non cercare sempre di mirare ai volumi. Se il prodotto è buono e gli viene dato il giusto rilievo, esso si venderà da solo.
È comprensibile che si fa più sconto quando vengono esportati maggiori volumi. Ma se viene fatto un buon prezzo fin dall’inizio, il prodotto attirerà di più.
Si, conosco alcuni paesi che sono grandi fans di sconti. Io non lo sono. Mi piace pagare un giusto prezzo per un buon vino.

Qual è il paese vinicolo con la più forte crescita nel suo mercato?

Penso che sia difficile da misurare. Per me è l’Italia perchè mi sono focalizzato su di essa. Per un importatore di vini portoghesi sarà il Portogallo e così via.
Se prendiamo per esempio la Germania… non ha molto marketing o altri strumenti. Essi si concentrano principalmente sui mercati locali e producono dei vini eccellenti. Soltanto producendo vini di qualità sarete in grado di vendere di più.


 

Alexandre Ravays

The Vine

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