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Investire in Italia per vendere (meglio) all’estero

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Vino italiano

Continua a crescere l’export del vino italiano e con lui crescono i bilanci di molte aziende italiane.
I dati Istat si fermano a gennaio: +10% in quantità e +28% a valore a 350 milioni.

Un tendenza ormai consolidata anche nei primi 5 mesi del 2013; lo confermano la leadership in USA e, novità, in Russia.
Il vino italiano sorpassa, in Russia, quello francese, passando da 14,82 milioni di euro a 26,88 milioni di euro, con una quantità salita da 4,5 a 8,2 milioni di litri, rispetto allo stesso periodo del 2012.
Secondo l’Italian Wine & Food Institute negli USA i volumi sarebbero cresciuti del 5,5% e il valore del 9,6% a 281 milioni di dollari.
Quindi, recupero di quantità e prezzi che permette all’Italia di mantenere il primato del valore, con il 32% della quota di mercato, tra i Paesi importatori.

L’anno scorso il vino italiano ha stabilito il record storico con un valore all’export di 4,7 miliardi, +6,5%, e un volume di 21,2 milioni di ettolitri, -8,8%, ma con una crescita del valore medio del 16,7 per cento. Il che vuol dire che nel 2012 abbiamo venduto di meno, ma a prezzi più sostenuti. La volata è stata tirata soprattutto dagli spumanti (+13,8% in valore) mentre cali si sono avuti nello sfuso. Sulle destinazioni il Nord America ha assorbito oltre un quarto dell’export, ma segni di vivacità sono arrivati da Singapore, +13,2%, Cina, +15%, Corea del Sud, +28,8%, Giappone, +27,7%, e Hong Kong, +13 per cento.

Secondo una recente analisi di WineNews (in esame 25 aziende tra le più importanti d’Italia) emerge che l’export è l’arma in più degli imprenditori del vino italiano: l’80% del campione mette a bilancio una crescita delle vendite oltre confine, mediamente del 19%, mentre il 20% delle aziende sondate dichiara una stabilità negli scambi commerciali con l’estero.

Un dato che emerge soprattutto prendendo in considerazione l’andamento del mercato interno.
Qui, i numeri sono più critici: solo il 23% delle aziende dichiara un incremento degli affari, in media con una crescita del 9%, l’11% indica una equivalenza con i risultati dell’anno scorso e, purtroppo, ben il 66% del campione segnala un decremento delle vendite interne in media del 6% sullo stesso periodo del 2013.
Tuttavia, il mercato italiano, con tutte le sue debolezze, in termini di consumi in discesa resta uno sbocco commerciale importante non solo in termini di numeri (sono 20 milioni gli ettolitri che restano comunque in Italia) ma anche per il suo ruolo di “specchio”, proprio quando l’obbiettivo strategico principale sono i mercati internazionali: è il mercato domestico a garantire la visibilità dell’immagine aziendale, che poi viene spesa sulle piazze internazionali.

E’ quindi un errore trascurare il mercato interno anche in termini strategici; investire in casa, aiuta a crescere anche fuori, per esportare non solo prodotto ma identità e cultura.
Le aziende devono impegnarsi (quindi investire) per distinguersi e differenziarsi dalla concorrenza, trasmettendo messaggi di esclusività che andranno poi trasmessi all’estero.
Ottenere visibilità, notorietà e riconoscimenti non è solo frutto delle attività di marketing, ma è anche, e soprattutto, l’insieme delle idee, opinioni ed esperienze che i consumatori hanno avuto ogni volta che sono entrati in contatto con l’azienda e il prodotto.
Solo così si possono conquistare quote di mercato, sia in Italia che fuori.

Ecco perché, nonostante molte aziende stiano correndo verso i mercati emergenti come Cina ed Hong Kong, i numeri confermano che l’Italia non possiede una adeguata incisività verso questi mercati dove i vini francesi spuntano risultati 10 volte superiori ai nostri.

In termini di marketing e comunicazione, lo sappiamo, i francesi hanno sempre fatto scuola…

Ecco perché queste 25 aziende, leader in Italia e all’estero, indicano come luoghi dove si investe di più in promozione e rafforzamento della rete commerciale e dove si configurano strategie e tattiche per restare ai vertici delle vendite internazionali il Nord America (70%), l’Europa e l’Italia (35%), e l’Asia (28%).

[Photo courtesy]

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