Italia batte Francia 48,9-46,6 milioni.
Parliamo di produzione di vino: con 48,9 milioni di ettolitri di produzione l’Italia ha superato la Francia, ferma a 46,6 milioni e la Spagna, più lontana con 36,6 milioni.
Almeno in termini di produzione, Italia, Francia e Spagna, si giocano, ad ogni vendemmia, i primi tre posti in classifica.
Ma se parliamo di esportazioni di vino nel mondo, i protagonisti non sono né Italia né Francia; lo sono, a sorpresa, i Paesi del Sud del globo, come Nuova Zelanda, Cile, Argentina e Sudafrica.
Nei primi otto mesi del 2015, i dati Wine Monitor sul commercio mondiale di vino evidenziano una con tassi di crescita mediamente superiori a quelli dei maggiori tre exporter europei, vale a dire Francia, Italia e Spagna.
In particolare, i volumi di vino esportati dalla Nuova Zelanda sono cresciuti del 13%, quelli dal Cile dell’8%, dall’Argentina del 4% e dall’Australia del 2%, a fronte di un -3% dell’Italia e di un -2% della Francia.
L’unico produttore europeo che è riuscito a tenere testa all’Emisfero Sud è stata la Spagna con un +14%, grazie soprattutto a un incremento del +18% nei quantitativi esportati di vino sfuso.
In sintesi, questo succede perché l’indebolimento delle loro valute locali rispetto al dollaro e anche all’euro, oltre che gli accordi di libero scambio, stanno favorendo l’export di vini dai Paesi del “nuovo mondo”.
Tra dicembre 2014 e agosto 2015, il dollaro neozelandese si è deprezzato di quasi il 19% nei confronti di quello statunitense mentre quello australiano ha perso il 13%, al pari di quanto accaduto anche al peso cileno e al rand sudafricano.
“Ma ricondurre alla sola svalutazione competitiva il recupero nell’export di questi Paesi non è corretto“, si legge nel rapporto. A questa leva va aggiunto l’attivismo dei governi verso accordi di libero scambio e delle imprese sul fronte della promozione commerciale. Si pensi ad esempio, non solo al TPP (Trans-Pacific Partnership) appena concluso tra gli Stati Uniti e i Paesi del Far East (tra cui Singapore e Vietnam), Giappone ed Oceania, ma anche al Free Trade Agreement (ChAFTA) raggiunto tra Australia e Cina che prevede, tra le altre cose, la progressiva riduzione dei dazi all’import a partire da quest’anno sul vino esportato in Cina fino alla loro completa eliminazione nel 2019, praticamente lo stesso trattamento di favore di cui già oggi beneficia il Cile, quando all’opposto i vini italiani pagano un’imposta pari al 14% se imbottigliati e del 20% nel caso degli sfusi.
Si tratta di un’agevolazione rilevante, considerato che il prezzo rappresenta la principale variabile-guida negli acquisti dei consumatori cinesi, in particolare per tutto ciò che non è di provenienza francese.