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CETA: opportunità o problema per l’export del Made in Italy?

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Il 25/07 potrebbe essere un giorno davvero importante per l’export del Made In Italy.

In Senato ci sarà la ratifica del Ceta, “Accordo economico e commerciale globale” di libero scambio tra Canada e Unione europea.

Il principale effetto del Ceta sarà l’eliminazione di gran parte delle tariffe doganali tra Unione europea e Canada.

Come spiega la Commissione europea sul suo sito, ecco i punti salienti dell’accordo:

  1. eliminerà i dazi doganali
  2. contribuirà a rendere le imprese europee più competitive in Canada
  3. renderà più facile per le imprese dell’UE partecipare agli appalti pubblici in Canada
  4. aprirà il mercato canadese dei servizi alle imprese dell’UE
  5. aprirà mercati per le esportazioni europee di prodotti alimentari e bevande
  6. proteggerà i prodotti alimentari e le bevande tradizionali europei (le cosiddette indicazioni geografiche) dalla contraffazione
  7. ridurrà i costi per gli esportatori dell’UE, ma senza compromettere le norme
  8. gioverà alle piccole e medie imprese dell’UE
  9. produrrà vantaggi per i consumatori
  10. renderà più facile per i cittadini dell’UE lavorare in Canada
  11. consentirà il reciproco riconoscimento di alcune qualifiche
  12. creerà condizioni prevedibili per gli investitori sia dell’UE che del Canada
  13. renderà più facile per le imprese europee investire in Canada
  14. aiuterà le industrie creative, gli innovatori e gli artisti europei
  15. tutelerà i diritti dei lavoratori e l’ambiente.

In pratica il Canada eliminerà i dazi per il 90,9% dei prodotti agricoli al momento dell’entrata in vigore del Ceta e per il 91,7% dopo una transizione di 7 anni. Ottawa aprirà una quota da 18.500 tonnellate per i formaggi europei, supplementare a quella già prevista dagli accordi Wto. L’Italia è uno dei più grandi esportatori Ue di prodotti caseari in Canada, con valori pari a 40 milioni di euro nel 2015.

Al di fuori del contingente attuale però, Ottawa applica dazi fino al 220% e l’estensione della quota dovrebbe dare maggiore competitività ai prodotti nazionali.

Essendo un tema complesso, esiste anche un fronte “No-Ceta”.

Tra le ragioni per cui l’accordo col Canada sarebbe una sciagura anche i presunti danni al nostro “Made in” agro-alimentare perché “porterebbe ad un’indiscriminata liberalizzazione e deregolamentazione degli scambi con una vera e propria svendita del Made in Italy”.

Esiste però un capitolo dedicato proprio alla tutela delle nostre indicazioni geografiche e della proprietà intellettuale, oltre che alla promozione delle nostre produzioni di qualità in Canada. L’accordo prevede la tutela di 143 indicazioni geografiche europee, di cui ben 41 sono italiane, a cui le autorità canadesi dovranno garantire un livello di tutela del tutto assimilabile al sistema europeo. A chi sostiene che 41 indicazioni geografiche siano poche a fronte delle tante Dop e Igp che arricchiscono la nostra produzione nazionale, vale ricordare che si tratta dei marchi principali in termini di export, e che sebbene la lista sia sempre aperta a successive integrazioni, 41 sarà sempre meglio di zero! (Nicola Danti)

Rispetto all’attuale assenza di regole, il Ceta riesce a introdurre il divieto di registrare marchi ingannevoli per il pubblico circa l’origine geografica dei beni. Questo vuol dire mettere un freno anche all’italian sounding che ogni anno costa alle nostre aziende oltre 50 miliardi di euro.

L’intesa con il Canada darà quindi forza al nostro export in un paese dove l’Italia è l’ottavo esportatore mondiale, quinto per saldo nei beni manifatturieri. L’anno scorso abbiamo segnato un nuovo record di 417 miliardi di euro di export.

Il CETA sarà quindi un’opportunità o un problema?

 

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